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Posts Tagged ‘seconda guerra mondiale’

Legge 20 luglio 2000, n. 211

“Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”

Art. 1.

1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Le foto sono di ROBERTO 

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Il 24 gennaio 1972, Shoichi Yokoi, un soldato giapponese della seconda guerra mondiale, viene scoperto a Guam

coscritto nel ’41 dall’Esercito Imperiale Giapponese e inviato sull’isola di Guam, sul fronte del Pacifico, Yokoi si nascose in una grotta nella giungla quando le forze statunitensi conquistarono definitivamente l’isola nel 1944 .

Aveva vissuto nella jungla per ben 28 anni. Quando fu ritrovato viveva in un rifugio sottoterra e si nutriva di corteccia d’alberi.

Al rientro in giappone lo choc fu grande, in 25 anni la sua nazione si era radicalmente trasformata.

Lui divenne un eroe nazionale come esempio di aderenza al primo codice dell’Armata : “Mai arrendersi!”

Nel novembre del ’72 si sposò ( le nozze furono combinate, secondo l’usanza locale) e scambiò la sua grotta solitaria a Guam con una vera casa nella prefettura di Aichi dove andò a vivere con la sua nuova moglie Mihoko.

Il suo rifugio è divenuto attrazione turistica.


Ryan Harvey

In seguito scrisse un best seller sulla sua esperienza, partecipò a parecchie trasmissioni televisive e, nel 74 corse senza successo per una poltrona alla camera alta del parlamento giapponese.

non sarà l’ultimo caso. Di “ancora combattenti” giapponesi si parlerà fino al 2004

L’articolo di REPUBBLICA

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All’ alba dell’ 11 gennaio 1944, a valle del processo di Verona (8 gennaio 1944), sul prato del poligono di tiro di Forte Proclo, vengono fucilati i cosiddetti “traditori” del regime.

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Il processo di Verona vide sul banco degli imputati i membri del Gran Consiglio del Fascismo che, nella seduta del 25 luglio 1943, avevano sfiduciato Benito Mussolini, causando la caduta del regime fascista e che avevano avuto, poi, la sfortuna di cadere in mano ai tedeschi e ai fascisti dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 1943 e la conseguente occupazione da parte della Wehrmacht.

 

L’epilogo del processo vide la condanna a morte per fucilazione di Emilio De Bono e  il conte Galeazzo Ciano, ex ministro degli Esteri (1936), membro del Gran Consiglio nonché marito di Edda Mussolini, la figlia prediletta del Duce.

Galeazzo Ciano         Emilio de Bono

Gli altri condannati sono Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del Partito a suo tempo inquisito e arrestato per il sequestro e l’uccisione di Giacomo Matteotti, Luciano Gottardi, presidente della confederazione dei lavoratori, Carlo Pareschi, ministro dell’Agricoltura e Foreste.

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Tullio Cianetti, sottosegretario delle Corporazioni, si salva dall’esecuzione ritrattando il voto del 25 luglio con una lettera a Mussolini. Cianetti, dopo la liberazione, al fine di evitare eventuali processi e condanne, emigra in Mozambico dove riesce a far perdere le sue tracce sino alla morte.

Fonti:
Wikipedia
IL CASO CIANO da vedere sul sito de “La storia siamo noi”

Il processo di Verona Valutazione 3 stelle su cinque

e’ un film di Carlo Lizzani del 1963.

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il 10 gennaio 1927 a Berlino viene proiettata la prima del film, capolavoro del regista austriaco Fritz Lang, METROPOLIS

   

fritz lang

Metropolis è un film muto considerato uno dei capisaldi dell’espressionismo cinematografico ed è universalmente riconosciuto come modello di gran parte del cinema di fantascienza moderno, avendo ispirato pellicole quali Blade Runner e Brazil.

Il film è costruito come un’opera lirica ed è nettamente diviso in tre parti: il “Prologo“, che dura per l’intera prima metà del film, un breve “Intermezzo“, e un “Furioso” che segna le scene finali.

Dal punto di vista tecnico nel 1927 Metropolis era un film prodigioso. Faceva uso di tecniche di ripresa allora strabilianti. Tra queste, l’introduzione nel cinema d’autore del Passo uno, ovvero le riprese effettuate per singoli fotogrammi, che rimasero nel campionario dei realizzatori di effetti speciali fino all’avvento della computer grafica.

La produzione impegnò la troupe per diciannove mesi: trecentodieci giorni di riprese e sessanta notti furono necessarie per produrre 600.000 metri di pellicola fotografica.
Erich Pommer e la casa di produzione UFA non badarono a spese per la lavorazione, assoldando 36.000 comparse. L’investimento superò i 50 milioni di marchi tedeschi di allora.

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Queste spese non vennero coperte dagli introiti della pubblicazione, tanto che la UFA andò in bancarotta: Alfred Hugenberg,

Alfred HUGENBERG

editore e membro del Partito Nazista, comprò la UFA trasformandola in parte della macchina propagandistica del nazismo.

Il film non ebbe grande successo in Europa, ma negli Stati Uniti, al Rialto di New York, alla prima nazionale si presentarono oltre 10.000 persone.

Il valore culturale e tecnico del film lo ha portato ad essere stato il primo film inserito nel registro Memory of the world, un progetto dell’Unesco nato nel 1992 per salvaguardare le opere documentarie più importanti dell’umanità.

Oggi dell’originale Metropolis sopravvive solo parte dei negativi e alcune copie di versioni ridotte realizzate all’epoca. Un quarto del filmato originale è andato perduto, così come tutte le sceneggiature, i modellini e il robot Maria, distrutte durante i bombardamenti alleati della Seconda guerra mondiale.

Fonte WIKIPEDIA

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il 13 dicembre del 1939  si svolge la prima grande battaglia navale della seconda guerra mondiale.

LA BATTAGLIA DEL RIO DE LA PLATA

L’incrociatore tedesco Admiral Graf Spee, che aveva affondato diverse navi mercantili, venne ingaggiata da tre incrociatori della Royal Navy che infine la costrinsero a rifugiarsi nel porto neutrale di Montevideo prima di autoaffondarsi.

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il 9 dicembre 1937, durante la Seconda guerra sino-giapponese (fu il principale conflitto tra la Repubblica Cinese e l’impero giapponese prima e durante la 2a guerra mondiale), iniziava la battaglia di Nanchino

La battaglia di Nanchino terminò con la caduta della città capitale di Nanchino 南京 nel 1937, nelle mani delle truppe giapponesi, due mesi dopo che il governo della Repubblica Cinese aveva evacuato la città trasferendosi a Chongqing 重庆.

Il 9 dicembre 1937, dopo aver chiesto senza successo alle truppe cinesi che difendevano la città di arrendersi, le truppe giapponesi del tenente generale Asaka Yasuhiko 朝香鳩彦 (facente le veci del generale Matsui Iwane 松井石根), lanciarono un massiccio assalto.

Nelle sei settimane seguenti le truppe giapponesi compirono il cosiddetto massacro di Nanchino, nel corso del quale fu sterminata buona parte della popolazione civile della città.

Le vittime di questo eccidio furono dalle 260.000 alle 350.000, e quello che più risalta è la feroce determinazione con cui furono uccise, dato che solo un numero esiguo di quelle persone morì a causa dei bombardamenti sulla città.
Ci fu chi venne decapitato direttamente dalle spade degli ufficiali giapponesi, chi venne sepolto vivo, bruciato, bastonato, chi fu fatto sbranare dai cani. Alcuni ufficiali giapponesi gareggiavano a chi riusciva a decapitare con la spada il maggior numero di persone nel minor tempo possibile, e a queste gare veniva dato ampio risalto su alcuni giornali giapponesi dell’epoca, segno evidente che tale comportamento era ritenuto “adeguato” da tutta la milizia nipponica e dai civili rimasti in patria.
Ci furono dei soldati che, come segno di vittoria, spedirono ai propri famigliari i teschi delle vittime, e ve ne furono altri che fotografarono le stragi e gli stupri per avere un “ricordo” del viaggio in Cina.

In tale contesto di violenza e efferatezza si inserì la vicenda di John Rabe, uomo d’affari tedesco e rappresentante a Nanchino del partito nazista, considerato dai cinesi lo “Schindler cinese”, perché riuscì a salvare migliaia di vite umane, creando una zona di sicurezza internazionale gestita da europei ed americani, nella quale si rifugiarono molti cittadini di Nanchino. La figura di Rabe è quella di un uomo che pur avendo una grande ammirazione per Hitler, si prodigò, a rischio della vita, per salvare migliaia di cinesi.

Il monumento di John Rabe a NanchinoIn Giappone i negazionisti ed i revisionisti hanno da sempre sostenuto (come alcuni “colleghi” occidentali) che le truppe imperiali abbiano in realtà tenuto un comportamento corretto, negando o sminuendo la “singolare”condotta dei propri soldati.
In Giappone inoltre la situazione nel dopoguerra è stata diversa rispetto alla Germania, dove è reato negare l’olocausto. I libri di testo giapponesi per decenni hanno negato il comportamento criminale dell’esercito nipponico, e gli storici che hanno osato affermarlo sono stati osteggiati e minacciati dai gruppi nazionalisti di estrema destra. La situazione nel corso degli anni è leggermente mutata, visto che nel 1986 il ministro dell’educazione, in seguito ad alcune affermazioni negazioniste venne costretto alle dimissioni.
DA LEGGERE: Lo stupro di Nanchino di Iris Chang ed. CORBACCIO

L’OLOCAUSTO DIMENTICATO (articolo del Corriere della sera)

THE NANKING MASSACRE

CHINA RADIO INTERNATIONAL

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il 28 ottobre è festa nazionale in Grecia.

Si celebra il rifiuto di consegnare le armi alle forze armate italiane di Benito Mussolini.

Il 28 ottobre 1940, l’ambasciatore italiano Emanuele Grazzi consegna a Metaxas l’ultimatum in cui si intima al governo greco di consentire alle forze italiane di occupare, per la durata del conflitto con la Gran Bretagna, alcuni punti strategici in territorio greco, concedendogli tre ore di tempo per accettare le richieste italiane; tre ore dopo lo storico NO, le truppe italiane di stanza in Albania varcarono il confine con la Grecia.

omaggio alla vittoria antifascista

http://www.inilossum.com/2gue_HTML/2guerra1940-12A.html

il corriere

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Accadde il 15 ottobre, 90 anni fa, che Mata Hari fu giustiziata da un plotone di esecuzione francese. Il suo nome divenne sinonimo di femme fatale.

mata hari

Margaretha Geertruida Zelle MacLeod (questo era il suo vero nome) non era una donna bellissima (come oggi la possiamo intendere), ma era indubbiamente molto sensuale e affascinante. Era alta 1 metro e 77 (altissima per l’epoca), e non passava certo inosservata, era olandese e aveva vissuto molti anni in Indonesia, era elegante, colta e intelligente, parlava sei lingue e aveva un gran talento per la danza.Ma cosa fu veramente? Danzatrice? Spia? Femme-fatale? Doppiogiochista? Avventuriera? Prostituta? Ninfomane? Millantatrice? Megalomane? Ragazzina viziata? O tutte queste cose messe assieme?
Di certo era molto intraprendente e sicura di sé: quando arrivò a Parigi nel 1904 aveva soltanto 50 centesimi nella borsetta, ma prese subito alloggio al Grand Hotel…
Di recente, alcuni autori revisionisti, hanno persino messo in dubbio che Mata Hari fosse stata realmente una spia; sostengono che fu vittima di un errore giudiziario. L’errore invece lo commette chi legge i documenti dell’epoca come fossero “oro colato”. Desumere la vicenda di Mata Hari dai verbali del processo sarebbe come raccontare il caso Kennedy accettando il rapporto della commissione Warren, o il disastro di Ustica leggendo le carte processuali…I Servizi Segreti sono da sempre “segreti” per definizione, e quindi ogni loro azione è secretata o scarsamente documentata dai governi. A questa regola non sfugge Mata Hari, donna poliglotta quasi apolide, di dubbia moralità, che viaggiava per lavoro e aveva un debole per le uniformi, che frequentava gli ambienti giusti ma aveva un continuo bisogno di denaro per vivere nel lusso più sfrenato.
Un personaggio così prezioso e facile da “comprare”, non poteva sfuggire all’attenzione dei “servizi di informazione” che cominciavano a dilagare in Europa durante la Belle Epoque.
Probabilmente Mata Hari accettò di diventare dapprima una semplice informatrice dei tedeschi. In quel tempo le comunicazioni erano ancora lente e faticose, e una banale lettera poteva trasmettere notizie importanti, raccolte magari nei salotti (o nei letti) della Ville Lumière.
A quel punto però la donna era entrata nella rete e, con l’avvicinarsi del conflitto mondiale, fu probabilmente costretta a diventare una vera e propria spia del “Tiergarten” tedesco (col nome in codice di H21); erano tempi pionieristici, in cui la seduzione giocava un ruolo importante, le donne non venivano sospettate di spionaggio e il massimo della tecnologia era l’inchiostro simpatico.
La fine di Mata Hari arrivò quando, confidando troppo sulle sue protezioni altolocate, tentò di fare il doppio gioco coi francesi; per questo venne tradita, arrestata e fucilata.

Mata Hari, Greta Zelle, Lady MacLeod, Clara Benedix, la spia operò con molti pseudonimi ed è difficile capire cosa combinò veramente. Certo è che molte cose furono insabbiate dagli stessi francesi, che la vollero fucilare in modo esemplare per sollevare il morale di una popolazione depressa dalla guerra, ma per lo stesso motivo non avevano interesse che si sapesse tutta la realtà dei fatti. Perciò, dopo una lunga istruttoria, il processo fu breve e si tenne a porte chiuse e, a distanza di soli quattro giorni dalla fucilazione della spia, il suo principale accusatore, Georges Ladoux, fu a sua volta arrestato con l’accusa di spionaggio a favore della Germania.

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Invece, solo 10 anni fa, il 15 ottobre, in Sardegna: con una legge regionale, si riconosce il sardo come seconda lingua ufficiale della Regione autonoma. Insomma la regione diventa bilingue.

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