Cento anni fa nasceva Alberto Pincherle più noto con il cognome della nonna materna, Moravia.

Nasce in una famiglia romana ebraica benestante. La sorella è la pittrice Adriana Pincherle. Tra il 1916 e il 1925 lo colpisce una grave forma di tubercolosi ossea, malattia che segnerà profondamente la sua esistenza, e compie pertanto studi irregolari, nutrendosi tuttavia di vastissime letture. Dopo un’ultima degenza in sanatorio, tra il 1925 e il ’28 scrive Gli indifferenti, dapprima concepito come canovaccio teatrale, poi strutturato come un vero e proprio romanzo, con una ampiezza di respiro che la tendenza al frammento di quegli anni aveva in parte occultato. L’opera, pubblicata a Milano nel 1929, viene scritta anche nelle “grotte” di Bragaglia di via degli Avignonesi, di cui è un frequentatore abituale.

Partecipa al movimento novecentista guidato da Bontempelli, e su “900” pubblica nel 1929 la sua prima novella, Cortigiana statica. Tra la sua produzione degli anni Trenta ricordiamo il romanzo Le ambizioni sbagliate (1935), mentre su “Pegaso” di Ojetti e Pancrazi pubblica i racconti Delitto al circolo del tennis ( 1929) e Inverno di malato (1930). Nel 1929 de Libero lo invita a collaborare a “Interplanetario”, su cui Moravia pubblica alcune novelle. Collabora al primo numero di “Fronte” (1931), la rivista di Scipione e Mazzacurati con un articolo sul romanzo inglese. Vicino alla contessa Pecci-Blunt, scrive alcune presentazioni per le mostre alla Galleria della Cometa. In questo periodo è vicino alla scrittrice Elsa Morante e frequenta i pittori tonalisti (in particolare Capogrossi). Negli anni Trenta inizia un’instancabile attività di viaggiatore come inviato di vari giornali, anche per sottrarsi al clima di tensione che si è creato con il regime. Negli anni Quaranta alcuni articoli su riviste sono firmati con lo pseudonimo di Pseudo, cui Moravia viene costretto dopo la pubblicazione della Mascherata.(1941) , un testo in cui “intendeva colpire la dittatura immergendola nell’assurdo groviglio delle avventure politiche e delle imprese del sesso” (Manacorda): una tematica che ritroviamo nei contemporanei dipinti di Mafai o Maccari.
Della sua vastissima produzione del dopoguerra ricordiamo i centotrenta Racconti romani (1954 e ’59), vero monumento alla vitalità e all’inventiva della gente romana.

Toni Servillo legge “GLI INDIFFERENTI”
L’articolo de il Tempo
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